Longhi, Pasolini, Bergala, Arasse
di Fabio Matteuzzi.
Daniel Arasse, in uno studio di grande fascino e rilevanza quale Il dettaglio1, ricorda, nella prefazione, che nel 1938 Kenneth Clark pubblicò 100 Details from Pictures in the National Gallery. La scelta di Clark, focalizzando l’attenzione su dettagli di una selezione di dipinti conservati nella National Gallery, rientra in un intento divulgativo.
Proponendosi di avvicinare un pubblico vario attraverso la pubblicazione di un volume illustrativo, la decisione di presentare le opere tramite i dettagli viene attuata per “il piacere dell’occhio” – come afferma Arasse – i dettagli sono “scelti per la loro bellezza intrinseca”2. La ricchezza di un museo viene illustrata e analizzata grazie a un punto di vista particolare. Più o meno nello stesso periodo (Clark nel 1938, Longhi – come possiamo vedere in altri interventi di questo volume e come è stato messo in evidenza nell’ambito del Convegno Filmagogia - nei primissimi anni Quaranta) due studiosi importanti, il primo in Gran Bretagna, il secondo in Italia, praticano una modalità critica e divulgativa nei confronti dell’arte filtrata dai dettagli.
Se per Clark questa idea deriva dalla preoccupazione di “vedere meglio i quadri, guardarli con maggiore attenzione”3, siamo in grado di dire la stessa cosa sulle modalità dell’insegnamento longhiano? Tra Clark e Longhi sono diversi il contesto e l’approccio. Col primo ci muoviamo in ambito prettamente divulgativo, con il secondo siamo invece nella dimensione accademica, seppur con un metodo che si rivela capace di lavorare all’interno dell’istituzione universitaria per proporre nuove modalità di confronto con le opere e di rapporto con gli studenti, nuovi modi di approfondire e studiare gli oggetti d’arte.
In fondo si tratta di due modalità didattiche differenti che, percorrendo strade autonome e rivolgendosi a un pubblico diverso, affrontano le immagini avvalendosi di un filtro particolare, quello costituito dai dettagli delle opere d’arte individuati in maniera totalmente soggettiva. Indipendentemente dal metodo usato, lo studio dei dettagli riserva sorprese in merito a quanto di stilistico e narrativo può esservi contenuto, e dispensa autentiche scoperte. Va da sé che questo tipo di scelte, questi percorsi originali, impongono, da parte di chi li esercita, non solo un’idea critica e pedagogica ben definita, ma una profonda competenza della materia.
All’inizio degli anni Quaranta, Roberto Longhi, durante le sue lezioni universitarie, introduceva nella metodologia dell’insegnamento l’apporto di un mezzo che sino ad allora non era stato sfruttato appieno per le sue valenze didattiche, ossia la diapositiva4. Grazie a queste proiezioni Longhi proponeva lo studio, l’analisi e la comparazione di dipinti, richiamando l’attenzione degli studenti su dettagli accuratamente scelti delle opere prese in considerazione. Lo sguardo di Longhi (era lui stesso l’autore delle diapositive) compiva una selezione rispetto alla totalità di un dipinto per condurre gli allievi alla visione di un’opera individuandone una parte ritenuta di particolare importanza da un punto di vista contenutistico e stilistico, in grado di permettere possibili comparazioni, o dotata, potremmo aggiungere, di uno specifico significato.
Probabilmente questa modalità fortemente soggettiva è tra gli aspetti determinanti che contribuirono alla “folgorazione” del giovane studente Pier Paolo Pasolini: l’originalità di uno sguardo che un occhio esperto e allenato ha a disposizione per poter cogliere ciò che rischia di passare inosservato. Anni dopo sarà egli stesso a dire che la passione per il cinema nacque proprio in seguito alle lezioni di Storia dell’Arte di Longhi, che ovviamente non avevano il cinema come precipuo oggetto di indagine, ma la modalità di insegnamento attuata da Longhi era portatrice di dinamismo.
In Arasse, dopo l’esperienza di Clark, si tratta di prendere le mosse da un esempio relativamente recente di attenzione al dettaglio, e sarà lui a condurci, con grande erudizione, in un viaggio lungo i secoli, alla ricerca della fortuna artistica e critica del dettaglio, avvalendosi di una ricca quantità di esempi, di dipinti, che, in alcuni casi e a seconda delle epoche, non solo possono svelare le specificità dell’opera in questione, ma anche eccederla, oppure distaccarsene, presentando un’autonomia rispetto all’opera nel suo insieme, all’interno della narrazione che l’opera presenta.
Arasse è ben consapevole di ciò che sta compiendo. Non cade nella tentazione di un’impossibile storia del dettaglio, anche se questa tentazione potrebbe affacciarsi, considerato che, nel corso dei secoli, la cura e l’attenzione ai dettagli ha avuto detrattori e appassionati sostenitori. Lo studioso francese riconosce che questo tipo di ricerca e di studio risente di scelte personali e soggettive5, ed infine ritiene che non possa esistere una vera e propria storia del dettaglio. Eppure tra insieme e dettaglio, tra il tutto e il particolare si sviluppa una tensione espressiva che chi osserva può esplorare e tenere in considerazione.
Lo studio di Arasse ci interessa perché persegue una ricerca mossa dagli stessi stimoli che ritroviamo in Clark quando presenta le opere della National Gallery, rivolgendo l’attenzione ai frammenti affinché siano proprio questi a rivelare qualcosa di più sui dipinti stessi e sulle intenzioni dell’artista. In tal senso, c’è una certa affinità con le riflessioni di Longhi, la cui pratica pedagogica stimolerà anche – nell’ambito cinematografico – il progetto didattico di Alain Bergala in particolare tramite il filtro di Pier Paolo Pasolini, allievo di Longhi.
Così quattro studiosi del Novecento, nonostante le differenze dovute alle rispettive formazioni, trovano nell’approfondimento delle opere d’arte, alla luce dei dettagli, da un lato una strada per “vedere” meglio, dall’altro per promuovere (avvalendosi inoltre di nuovi strumenti tecnologici) innovative capacità pedagogiche nell’arte. Il fascino dello studio di Arasse, quello della modalità critica e pedagogica di Longhi, l’intuizione editoriale di Clark, lo sforzo intellettuale e operativo di Bergala ruotano tutti attorno all’individuazione di un oggetto di difficile valutazione secondo criteri di obiettività scientifica. La soggettività dello studioso di fronte all’opera, proprio nell’individuazione di un dettaglio significativo, rischia di far venire meno quell’obiettività che tradizionalmente il ricercatore dovrebbe dimostrare, mentre s’accresce l’“esperienza della percezione” – per usare le parole di Arasse – e l’intimità con l’opera che può dare una “ricompensa” intellettuale impagabile.
Alain Bergala, nel suo testo L’ipotesi cinema6, ricorda l’influenza delle lezioni di Roberto Longhi sul giovane Pasolini. Operando all’interno dell’istituzione scolastica, Bergala sceglie di avvicinare i giovanissimi studenti al cinema come espressione artistica e ritiene interessante sfruttare le possibilità di singole sequenze filmiche, per metterle a confronto con sequenze di altri film.
Utilizzare perciò la piccola parte di un insieme sollecita ad un incontro con l’arte (sia pittorica, sia cinematografica o altro) sotto il segno della pedagogia, ed è importante come questa modalità per alcuni (Longhi, Arasse) possa avvenire a beneficio dello studio, dell’analisi, della critica, mentre per altri (Bergala) possa aiutare all’approccio con l’arte cinematografica e a stimolare un incontro, svolgendo dunque una funzione educativa. Daniel Arasse, riferendosi alla pittura, afferma che, nel momento in cui il dettaglio nascosto nell’insieme dell’opera viene messo a fuoco, viene scoperto, nulla sarà più come prima. Non si potrà più fare a meno di vederlo, al punto di far ruotare l’intera opera attorno a questo nuovo fulcro, fino a rischiare di leggere l’opera alla luce del dettaglio rivelato.
Ma il cinema sa sviluppare una sua consistenza temporale.
Produce l’effetto di una presenza che non è data soltanto dalla visione diretta ma anche secondaria, percezione derivata da un’ombra, da un altro personaggio, ma sempre riguardante la visione7. Passare dall’arte figurativa al cinema tenendo fermo e nutrendo questo tipo di stimolo, significa passare dal dettaglio (come oggetto ritagliabile nello spazio del dipinto), al frammento (che subisce e si nutre di uno sviluppo che possiede una durata nel tempo, accompagnando in tal modo l’aspetto visivo).
Cinematograficamente parlando, un’inquadratura, di per sé – da un punto di vista puramente visivo e spaziale -, è qualcosa di compiuto che al tempo stesso risulta essere un frammento di un insieme, ed è perciò in relazione con l’inquadratura precedente e con quella successiva, quindi è anche frammento temporale.
La scelta dell’inquadratura costituisce quindi un atto decisivo: definisce, seziona, incorpora ed esclude, pone dei limiti e dà vita a un atto creativo. A volte artistico. Fare un’inquadratura vuol dire essere già nel cuore dell’atto cinematografico, afferma Bergala8. E se con questa puntualizzazione ci muoviamo nella prassi del fare cinema, siamo pur sempre in un ambito educativo, laboratoriale, in cui si sperimenta il valore e la difficoltà della scelta, quella dell’inquadratura. Decidere di selezionare un “frammento del mondo” è un atto che deriva da scelte e comporta conseguenze. A questo proposito un punto di partenza primario non è insegnare come inquadrare ma saper trasmettere il valore dell’inquadratura sia teoricamente sia all’atto pratico: il senso e l’azione di quanto si sta facendo. Nell’ambito della pedagogia del frammento il punto cruciale è distinguere che il frammento è tale perché appartiene a una totalità che dovrà essere ricomposta. Deve quindi esserci la forte consapevolezza del rapporto necessario tra frammento e insieme.
Come Clark propone in un volume fotografico particolari dei dipinti della National Gallery e Longhi approfondisce con i suoi studenti opere del Quattrocento e Cinquecento italiano comparando e osservando dettagli di dipinti in relazione tra loro, così Arasse esamina alcuni secoli di storia dell’arte evidenziando quanto appassionante e quanto rischiosa possa essere la lettura di un dipinto visto in relazione al frammento (la sua fortuna realizzativa e critica e le avversioni che ha suscitato a seconda dei periodi storici e artistici). Bergala, dal canto suo, in ambito cinematografico, ha saputo applicare la formula degli FMR, frammenti messi in relazione mediante le opportunità di uno strumento ricco e duttile quale il DVD9.
Strumenti tecnologici fortemente connessi all’immagine e a un moderno modo di riprodurle, possono essere utilizzati per comprendere come prima non era possibile. Si tratta di sfruttare ciò che viene offerto da aggiornati strumenti (diapositive, fotografie, DVD, Mediainternet) dei quali si comprende l’utilità per una moderna visione e riflessione, un avvicinamento didattico e al contempo critico.
Abbiamo valutato quanto Longhi abbia fatto affidamento sull’impatto visivo delle diapositive e sull’immediatezza che questo mezzo permetteva, sul coinvolgimento degli studenti che affollavano le sue lezioni, sulla novità che il sistema di visione poteva avere in quel determinato periodo storico, oltre alla già citata questione della comparazione di dettagli di opere differenti. In sintesi, siamo al cospetto di modalità che insegnano a vedere. Cioè a pensare, poiché vedere diversamente, scorgere cose non avvertite a una prima visione, vuole dire ragionare di conseguenza in maniera diversa. Pensare le immagini nelle possibili varianti che presentano. Tramite il dettaglio e il frammento può avvenire una rivelazione, un’epifania sia dell’occhio sia della mente. Metterli in relazione apre orizzonti e sviluppa percorsi all’interno dell’opera alla quale appartengono e nei confronti di altre opere, permettendo un avvicinamento al momento creativo dal quale le opere sono scaturite.
Imparare a vedere le immagini significa anche prestare attenzione a quello che è immediatamente visibile, ma anche a quello che non lo è, sviluppando riflessioni tra visibile e invisibile, o meglio, con quanto è nascosto. Arasse, non solo nel saggio citato ma in altre opere, affascina e avvince il lettore mostrando quanto l’artista sembra aver dipinto, quasi volutamente, per non renderlo visibile, o non in prima battuta almeno, o per rinviarlo a uno svelamento successivo. Volendo scoprirlo però, bisogna saper guardare.
L’attenzione al dettaglio richiede una predisposizione critica e una coscienza del rapporto tra dettaglio e insieme, tra visibile e nascosto. Arasse, Clark, Longhi e Bergala, nei rispettivi ambiti d’intervento, hanno scelto di focalizzare l’attenzione sui dettagli e i frammenti a favore di una cultura dello sguardo capace di andare oltre ciò che semplicemente crediamo di vedere.
NOTE
1 D. Arasse, Il dettaglio. La pittura vista da vicino, Il Saggiatore, Milano, 2007, p. 11.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
4 D. Trento, “Pasolini, Longhi e Francesco Arcangeli tra la primavera 1941 e l’estate 1943. I fatti di Masolino e di Masaccio”, in (a cura di) D. Ferrari e G. Scalia, Pasolini a Bologna, Pendragon, Bologna, 1998, p. 48.
5 “Un fenomeno come questo è eccessivamente soggettivo”, D. Arasse, op. cit., p. 13.
6 A. Bergala, L’ipotesi cinema. Piccolo trattato di educazione al cinema nella scuola e non solo, Cineteca, Bologna, 2008.
7 “Per lo storico dell’arte è molto importante capire per quale ragione il dettaglio si presti così bene alle fantasie e alle manipolazioni più perverse: molto spesso siamo noi a costituire il dettaglio nel momento stesso in cui crediamo di osservarlo. Molto spesso il dettaglio è preciso proprio perché si costituisce come elaborazione secondaria.” G. Didi-Huberman, La conoscenza accidentale. Apparizione e sparizione delle immagini, Bollati Boringhieri, Torino, 2011, p. 88.
8 A. Bergala, op. cit., p. 157.
9 Ibidem., cap. 6, pp. 89-98.
Abstract
An inter-disciplinary and cross curricular itinerary where we can find compared different experiences of Pedagogy. A comparison between different fields of studies and between different areas of interest and research: the relation between art and cinema represents the starting point for this essay. The connection is analyzed through the attention to detail and fragment. In this sense, we can mention many examples: from Kenneth Clark to Roberto Longhi, from Alain Bergala to Daniel Arasse